lunedì 24 ottobre 2022

Floating castle (2012) - recensione -



Gli JFF (Japanese Film Festival) sono una ottima occasione per scoprire film giapponesi che altrimenti difficilmente potremmo vedere qui in Italia. Grazie a questa possibilità offerta dal governo giapponese si può vedere, tramite le varie pellicole proposte, degli aspetti della cultura locale. In questo caso, di valenza storica, come l'assedio di Oshi

Diretto nel 2012 da Shinji Higuchi e Isshin Inudo. Il film parla dell'ultima parte del periodo Sengoku (epoca in cui il potere centrale era fortemente in crisi e tanti piccoli signori feudali si facevano la guerra tra di loro per la conquista del potere). Durante la guerra tra Toyotomi Hideyoshi e il clan Hojo, l'ultimo tassello indipendente per la conquista dell'intero Giappone.

Il castello di Oshi nel film
Per raggiungere più velocemente il suo scopo lo stratega decide di dividere le sue forze in varie armate. Una di queste sarà guidata da Ishida Mitsunari, il cui obiettivo sarà conquistare una serie di castelli secondari mentre l'armata principale attaccherà la capitale avversaria. Un compito che lo stesso Hideyoshi ha ideato per permettere al suo sottoposto di crescere in fama e reputazione militare (un compito tutto sommato facile visto l'esorbitante numero di uomini messogli a disposizione, ben ventimila uomini, a cui si contrappongono avversari che ormai hanno capito che la loro fazione è spacciata e quindi sono poco propensi a battersi).

L'unico ostacolo alla sua vittoria è il castello di Oshi, che grazie al terreno acquitrinoso che lo circonda rende difficoltosa qualsiasi forma di assedio.

Nonostante l'estrema differenza di forze in campo (619 samurai e 2000 coscritti dalle campagne limitrofe, contro gli oltre ventimila uomini di Ishida) Narita Nagachika, il castellano, decide di resistere e grazie a una saggia e furba gestione delle proprie risorse tiene in scacco per lungo tempo le forze avversarie (addirittura cedere le armi giorni dopo la caduta del suo signore).

Non ero minimamente a conoscenza di questo evento della storia giapponese e devo dire che il film fa un buon lavoro di ricostruzione storia, riuscendo comunque a coniugare l'esigenza di intrattenere con le finalità educative.
Toyotomi Hideoshi e la sua capacità di trovare nuove soluzioni per conquistare un castello, come quella che riuserà poi il suo sottoposto, di scatenare alluvioni controllate tramite la creazione di dighe temporanee. 

Dopo una prima parte incentrata sugli antefatti all'assedio e sulla figura di Toyotomi Hideoshi la pellicola si concentra sugli abitanti del castello di Oshi, mostrandoci le loro iniziali titubanze e poi la decisione di resistere. 

Il cast è discreto, con numerosi caratteristi che riesco a rendere in modo credibile il loro ruolo (il guerriero forzuto, lo stratega di primo pelo, il burbero ma abile guerriero anziano ecc) anche se alla fine rimangono abbastanza anonimi nei loro ruoli e li si dimentica in fretta. Gli unici che risaltano, anche giustamente oserei dire, sono Narita Nagachika e Ishida Mitsunari. 

Il primo è apparentemente un nobile fannullone e con la testa sempre tra le nuvole. In realtà nasconde una mente brillante e una capacità di analisi formidabile, semplicemente preferisce dedicarsi alle piccole gioie della vita piuttosto che alle pressanti questioni economiche/guerresche. 

L'esuberante difensore

Il secondo invece è un giovane ancora inesperto, amato dai suoi soldati per il suo senso di giustizia (quasi naif), che spera di ottenere da questa battaglia quel riconoscimento di grandezza che gli permetterà di scalare definitivamente la scala gerarchica e diventare il braccio destro del suo daimyo (tanto da renderlo spesso cieco sulle conseguenze delle azioni che decide di intraprendere). L'incapacità di concludere vittoriosamente l'assedio nella realtà storica ne causerà la rovina.

Il suo naif avversario

Mi è piaciuto come il film li metta in una sorta di confronto a distanza, dove ognuno cerca di comprendere le mosse dell'altro e attraverso queste impari nuove sfaccettature del combattere e del vivere quotidiano.  
A livello di scenografia e combattimento il film raggiunge ottimi livelli, riuscendo a ricreare discretamente lo scontro tra gli eserciti, l'alto costo di vite e sangue in ogni combattimento (soprattutto nella popolazione civile, come si vede in una delle scene più toccanti del film). Non mancano delle scene volte alla spettacolarizzazione dei personaggi, come un samurai capace di sollevare con una lancia un avversario con il solo braccio destro. Altre scene mostrano una accuratezza storica interessante come quando gli assediati stuzzicano gli assedianti per fargli sparare prima in modo che la rosa dei colpi sia inefficace.

Come far imbestialire un giapponese.
Un aspetto che mi piace osservare in questi film sono gli usi e i costumi locali che vengono messi nella pellicola. Dal più usuale inchino davanti ai superiori a riti agresti (come le danze eseguite da contadini per la semina del grano/riso). Mi ha molto incuriosito vedere come uno degli elementi che fanno scattare il senso di resistenza negli abitanti del castello sia il fatto che l'emissario mandato dalla forze di Toyotomi si comporti in modo irrispettoso...  arrivando a pulirsi i sandali davanti ai membri del consiglio (cosa che immagino scateni i peggiori istinti in ogni giapponese che si rispetti).


Nella parte finale il film perde molto del suo brio e la trama sembra arenarsi in dettagli secondari che onestamente non ho trovato così importanti (la fase delle contrattazioni per la fine delle ostilità). Grave invece che non sia stata sfruttata la figura della principessa Kaihime, una donna storicamente esistita, dal profilo raffinato ma capace di combattere alla pari con i suoi samurai (ma che il film si ostina a tenere in disparte) sprecando una grande occasione.

La principessa Kaihime

In definitiva un bel film. Se avete voglia di scoprire un aspetto della storia giapponese che difficilmente viene studiato qui in occidente questo è il film giusto. I personaggi principali sono ben caratterizzati e il cast secondario fa il suo lavoro

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