sabato 29 giugno 2019

Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes - Recensione -


Don Chisciotte è un romanzo spagnolo pubblicato in due volumi, tra il 1605 e il 1615, considerato non solo uno dei massimi esponenti del "Siglo de Oro" ma anche il papà del romanzo moderno. Della sua stesura si poco e nulla, il pretesto narrativo è quella di una traduzione da parte di Cervantes di un manoscritto arabo di un tale Cide Hamete Benengeli, nel quale si trovano narrate le fantastiche avventure del grande Don Chisciotte. Una trovata narrativa che permette a Cervantes di lanciarsi in storie ambigue e dubbie ma dal forte impatto narrativo.

Ma perché Don Chisciotte della Mancia è ancora oggi un romanzo letto e amato dal pubblico? Portato decine di volte su grande schermo (qui potete trovare la mia recensione del recente film di Gilliam dedicato a Don Chisciotte) in infinite versioni? In fondo a una superficiale lettura si potrebbe dire che si tratta di una semplice storia goliardica su un ometto lunatico e delle sue pazzie causate dal troppo leggere. La risposta è nel sogno che rappresenta Don Chisciotte.

Don Alonso Quijano (vero nome di Don Chisciotte) è un signorotto di campagna dalla vita tranquilla, il cui unico diletto è la lettura dei romanzi cavallereschi. La sua passione a un tratto si trasforma in apparente pazzia, visto che decide di farsi anch'egli cavaliere e partire per raddrizzare torti e ingiustizie nonostante il parere contrario dei parenti, con tanto di bella  a cui dedicare le sue imprese per non farsi mancare nulla (anche se poi nella realtà questa damigella tanto nobile e bella non era). Quindi una volta risolta l'investitura grazie a un compiacente oste (creduto un castellano) e a due damigelle volenterose (in realtà due prostitute della locanda), il nostro è pronto a compiere le sue avventure in un crescendo di sfide sempre più avventate e assurde.

Degno compare delle sue pazzie è Sancio Panza, villico gretto e concreto, che fa da contraltare al glorioso sogno di Don Chisciotte con la sua rozza razionalità, anche se accadde che anche lui finisca poi per farsi conquistare dalle avventure e dalla gesta del suo padrone (ricavandoci molti lividi e poco denaro). Due amici fatti nello stesso stampo e per questo inseparabili, tanto che l'uno senza l'altro non sarebbe lo stesso.

La seconda parte inizialmente non prevista dall'autore nasce come risposta al libro apocrifo di Alonso Fernández de Avellaneda  nel 1614 (che si dimostra però un testo di ottima qualità) e per dirimere finalmente le discussioni e dare un finale effettivo al girovagare dell'hidalgo.

Le avventure del "Cavaliere dalla Trista Figura" (visto che in uno scontro contro dei inferociti pastori perde due denti dopo aver scambiato i loro greggi per un enorme esercito) sono apparentemente folli e comiche, ma in esse si nasconde la volontà nei protagonisti di credere ciecamente ai propri ideali (La gentilezza, la giustizia, l’onore, l’onestà nello scontro, la fedeltà all’amata), ma che nel mondo reale e razionale non posso essere compresi e perciò vengo derisi e osteggiati da chi si sente "normale" e superiore. Alla fine capire cosa ci sia di effettivamente reale o cosa no diventa sempre più difficile, tanto il sogno dell'hidalgo diventa sempre più vivido e affascinate rispetto alla proclamata triste realtà quotidiana.

lunedì 10 giugno 2019

La saga di El Borak di Robert E. Howard Volume 1 - Recensione -


Francis Xavier Gordon detto El Borak è uno degli ultimi grandi personaggi howardiani ad non essere stato fino a qualche tempo fa disponibile in Italia. Per fortuna grazie a Providence Press questa lacuna è stata sopperita. In questo volume (il primo di cinque) verranno presentate le prime due storie di questo personaggio.

El Borak come immaginato da Tim Bradstreet
El Borak (il Fulmine, visto la sua abilità con la pistola) è un avventuriero texano che come il conterraneo Kirby O’Donnell è partito dal Texas per l'Afghanistan all'inizio 900. Un tigre più pericolosa dei feroci lupi afgani, che affronta le sue avventura usando tutto il suo coraggio e astuzia, ottenendo così il rispetto dalla popolazione locale.

Questo volume è una edizione veramente di gran pregio, con una cura per i dettagli veramente maniacale e ricca di un interessante glossario terminologico.

Francis Xavier Gordon è un personaggio che rispecchia moltissimo il topoi howardiano, visto la sua capacità fisica quasi sovrumana e l'uso di un codice morale duro ma applicato con rigore. Protagonista di storie che fanno del mistero e del gusto per l'avventura il loro punto di forza e tengono il lettore incollato alle pagine, il tutto contornato dal tema storico del grande gioco (pagina storica semi-sconosciuta dai più, che vide coinvolti l'impero russo e quello inglese in una guerra silenziosa per il controllo dell'Asia centrale e della ricca india, e che per certi versi ricorda molto la successiva guerra fredda).

venerdì 7 giugno 2019

Lupin III - La lampada di Aladino - Recensione -


Regia: Tetsurō Amino
Char. design: Satoshi Hirayama
Musiche: Yūji Ōno
Studio: TMS Entertainment
Rete: Nippon Television
1ª TV Jap: 25 luglio 2008
Durata: 90 min
1ª TV It: 14 marzo 2009 (Hiro)


Davanti a certi spettacoli si fa tutto, anche tentare di rubare
la Gioconda usando solo un apriscatole. 
Lupin è di nuovo alla ricerca di un oggetto prezioso da donare a Fujiko (anche se bisogna dire che le armi di persuasione usate dalla ladra sono così potenti da giustificare gli intenti del re dei ladri), in questo caso la famosa lampada di Aladino. Trovata la lampada, Lupin evoca il genio, che ovviamente si palesa sotto le forme di una bellissima ragazza e chiede come premio un bacio. Il Genio però lo avvisa che per realizzare il suo desiderio si prenderà metà della sua vita, Lupin accetta e perde coscienza. Quando si risveglia si accorge di non avere alcuna memoria di quanto gli è successo nella notte passata. Il ladro non fa in tempo a rielaborare i pochi punti chiari della vicenda, che scoppia il finimondo visto che tutti sembrano essere alla sua ricerca, ma forse la bella Drew potrà mettere fine al mistero. 

lunedì 3 giugno 2019

Fantasy & Science Fiction 7 (Febbraio 2014) - Recensione



Elara con questo numero propone una serie di racconti veramente interessanti, tutti legati alla magia (sopratutto quella legata al significato recondito delle parole) e dei nefasti effetti che colpiscono i protagonisti dei racconti nell'usare in modo inappropriato tali poteri. Interessante anche l'idea che le parole possano essere un potente mezzo di comunicazione con le forze superiori.

I racconti proposti sono:

Letteromante di Ken Liu: a mio giudizio il miglior racconto di questo volume. La storia è ambientata sull'isola di Formosa o Taiwan negli anni 60 in piena guerra fredda, dove la caccia alle spie comuniste continentali è all'ordine del giorno e basta un semplice sospetto di collaborazionismo per finire sotto le grinfie della polizia segreta. Decisamente un ambiente difficile per una bambina americana, che si trova a vivere in un paese a lei completamente alieno, ma sarà proprio l'amicizia con due abitanti del posto a dargli la serenità tanto cercata. Purtroppo non sempre la realtà finisce con un lieto fine. Storia dolceamara sulla potenza nascosta nelle parole, e di come dietro a vari segni degli ideogrammi si nascondono molteplici livelli di significato e magia, tanto da rappresentare una specie di strumento divinatorio per chi è capace di leggerne il significato nascosto.