domenica 21 marzo 2021

Railyways (2010) - recensione -

 

Diretto da Yoshinari Nishikori
Prodotto da Shūji Abe
Con: Kiichi Nakai, Reiko Takashima, Takahiro Miura, Yuika Motokariya, Tomoko Naraoka
Uscito nei cinema giapponesi il: 29 Maggio 2010
Durata: 130 minuti

Uno dei temi cari dei paesi capitalisti è il mito dell'uomo/donna di successo, quel soggetto che grazie alla proprie abilità e spirito di sacrificio è riuscito a scalare la società/posizione sociale fino a raggiungere dopo anni la massima posizione (poi ci sono pesi come l'Italia dove il vero sogno lavorativo, soprattutto al centro e al sud, è quello di ottenere il posto fisso, magari statale). Un obbiettivo che però ha molti lati oscuri: come il costante fattore di stress, l'abuso di straordinari e nei casi peggiori il suicidio.

Un Esempio di questa evoluzione del lavoratore è il nostro protagonista Hajime. Un impiegato che dopo anni di lavoro indefesso sta per arrivare in seno al consiglio dirigenziale in una grande azienda di elettronica. Per raggiungere questo obbiettivo il nostro impiegato ha tralasciato ogni aspetto che non fosse legato alla sua professione, con il risultato di trovarsi con una famiglia con cui non riesce più a comunicare ne a comprendere e che lo tratta freddamente, non ha più tempo per stare con gli amici o di andare a trovare la sua anziana madre. Un giorno però Hajime dopo la morte di un suo caro amico e la scoperta della grave malattia della madre ha un momento di crisi che lo costringe a rivalutare tutto l'insieme di valori su cui aveva basato la sua vita fino a quel momento. Sarà proprio mentre sta accudendo la madre malata che l'uomo vede passare il vecchio treno che fin da piccolo aveva sognato di guidare e che lo porterà ad una epifania. Il protagonista infatti comprende che non è felice del suo lavoro, anche se sta finalmente per raggiungere la posizione di successo che credeva di volere e quindi molla tutto per realizzare ottenere il suo vero lavoro ideale.
Railyways non è di certo un film da premio oscar, visto che la trama segue un canovaccio lineare come i binari di un treno e che non ha particolari guizzi creativi, ma devo ammettere che mi è piaciuto molto. Sicuramente è interessante vedere questo tentativo di trovare una via alternativa e più naturale allo spirito stacanovista del tipico impiegato giapponese (rappresentato nel film da piccoli gesti: come il continuo guardare l'orologio del protagonista quando è in una situazione non lavorativa, la continua attenzione a email e file per il lavoro, lo stress imperante). Seguire Hajime, all'alba dei suoi cinquant'anni, in questo percorso di rinascita, nonostante tutti gli facciano presente l'assurdità del suo sogno, e alla fine diventare un macchinista della linea locale come aveva sempre bramato fin da bambino è appassionante (e tratti toccante).

Della pellicola mi è piaciuto il fatto che si prenda il tempo per farci vedere i suoi dubbi e ritrosie all'idea di abbandonare il lavoro, il confrontarsi con la famiglia e la decisione finale di mettersi in gioco. Certo poi il film esagera un po' troppo con questa pretesa romantica di "Se ci credi abbastanza puoi realizzare qualsiasi obbiettivo" ma è sempre bello avere un po' di speranza su questo aspetto. 

Un altro aspetto della pellicola che mi è garbato molto è il profondo amore e  rispetto che i giapponesi hanno per il proprio lavoro e quello altrui (per esempio nonostante il nostro protagonista abbia ricevuto la notizia che la situazione medica della propria madre sia peggiorata porta a termine la propria tratta prima di raggiungerla). C'è una bellissima scena che mi ha colpito molto dove un meccanico spiega che bisogna avere cura e rispetto delle vecchie locomotive in modo che un giorno non ci dovremo pentire di averle perse. Un discorso che andrebbe fatto troppo spesso qui in Italia dove il nostro patrimonio culturale è lasciato troppo spesso all’abbandono, per poi rimpiangerlo quando per un crollo o un qualsiasi evento lo perdiamo.

Ovviamente non poteva mancare il momento in cui viene elogiato la precisione maniacale delle ferrovie giapponesi per gli orari di marcia. Con il protagonista che prende più di una strigliata per essersi fermato ad aiutare delle vecchie signore ed aver ottenuto qualche minuto di ritardo (cosa che da noi paradossalmente lo farebbe un eroe delle ferrovie statali).

Gli attori fanno una buona performance, soprattutto (cercare nome attore) che fa un ottimo lavoro nel rappresentare l'evoluzione di Hajime.

Mi è piaciuta anche l'evoluzione del personaggio principale, che inizialmente è la rappresentazione  del classico salaryman giapponese tutto preso dal lavoro, che vuole che la figlia si trovi al più presto un lavoro remunerativo, all'Hajime post coronamento del suo sogno che invece vuole che la figlia faccia le cose con calma e che trovi qualcosa che le piace fare veramente.  

In definitiva un bel film, con interessanti spunti sulla vita giapponese, con i suoi pro e contro. In alcuni punti è forse troppo diabetico ma rimane una piacevole visione, con interessanti elementi di riflessione.

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