martedì 7 maggio 2019

Katitzi di Katarina Taikon - Recensione -


Il 27 gennaio di ogni anno è dal 2005 giornata commemorativa stabilita dall'ONU per ricordare le vittime dello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti, ma anche delle altre etnie o orientamenti sessuali non accettati dall'establishment del regime. Giornata per molti inutile e pesante, ma incredibilmente utile sopratutto oggi dove il rigurgito fascista e xenofobo è sulla bocca di molti (basta andare in qualsiasi pagina FB a tema populista) sopratutto per quanto riguarda rom e immigrati. Anche l'attuale governo si è dimostrato spesso vicino a queste tendenze. Ben vengano quindi libri come quello di Katarina Taikon per farci riflettere su come spesso preconcetti e paure ativiche infondate siano spesso la causa stessa del fenomeno e sviluppo di ingiuste azioni di segregazione e rifiuto di una parte della popolazione.

La trama vede la giovane Katitzi, una bambina molto intelligente e curiosa di etnia rom di sette anni, vivere una vita tranquilla e riparata nell'istituto di cui è ospite. Diventando in breve tempo una piccola peste per la direttrice ma la beniamina degli altri bambini dell'istituto. Un giorno il papà di Katitzi torna per venirla a prendere e la bambina deve fare i conti con la scoperta della sua etnia e della loro difficile vita fatta di xenofobia e diffidenza che caratterizza la vita di tutti i giorni da zingari (come vengono chiamati da chi non è rom), che la bambina nonostante il suo impegno non riesce inizialmente a comprendere. A mitigare le difficoltà della sua nuova vita la ragazza scoprirà di avere una famiglia numerosa e molto affiata composta da un fratello maggiore, Paul, le due sorelle maggiori, Rosa e Paulina, e tre fratellini minori, due femmine e un maschio, nati dal secondo matrimonio del padre con una donna svedese che passa le giornate nella roulotte mentre il resto della famiglia deve lavorare per portare avanti il piccolo lunapark di famiglia.


Primo di un collana di tredici libri molto amati in Svezia, le avventure della piccola Katitzi non sono altro che una rielaborazione della vita dell'autrice che nata nel 1932 da padre rom e madre svedese subì lo stesso ostracismo della bambina, tanto da imparare a leggere e a scrivere alla età di ventisei anni. Negli anni 50 divenne una portabandiera dei diritti del suo popolo e ottenne miglioramenti per la sua gente.

L'autrice
Katitzi è infatti una bambina che non riesce a comprendere il mondo adulto, fatti di regole e ragionamenti incomprensibili, in alcune occasioni divertenti in altre tristi. Attraverso la visione della bambina possiamo vedere le assurdità o la perfidia di molti adulti, in alcuni aspetti anche inquietanti nella loro kafkiana accettazione della segregazione e diffidenza (come il direttore della scuola, che nonostante Katitzi e Paulina si dimostrino diligenti e buone studentesse contraddicendo ogni buon senso rifiuta le bambine per via della loro origine e per la paura che gli altri genitori nell'avere bambini rom a scuola possano fare protesta e dargli grattacapi. Annichilendo quel breve periodo dove le bambine riescono a godere di una normale educazione scolastica). Certo ci sono adulti che cercano di andare contro l'ordine sociale costituito e aiutare le ragazze come possono e che si vergognano del pensiero dominante (come la maestra elementare o la vecchia signora che gli ospita per un periodo nel suo campo), ma che non possono o non riescono a spezzare la cappa pesante di oscurantismo che domina il resto della popolazione, cosa che mi dato un profonda tristezza. In una vera e propria "discriminazione statistica” (in parole povere: "siccome pare che in quella comunità ci sia più devianza, non mi fido e non do lavoro"), causando quindi una spirale che porta quella popolazione a delinque per mancanza di sbocchi lavorativi, mentre il resto della popolazione trova ulteriore conferma nelle proprie convenzioni inasprendo il pregiudizi. Cosa che fa cadere quelle persona nella più profonda disperazione. Tranne Katitzi  e la sua famiglia che riescono sempre a trovare un luce di speranza nell'avvenire o perlomeno a farci il callo.

In definitiva un libro molto bello, rivolto principalmente ai bambini ma che può insegnare molto anche a noi adulti, sopratutto sul discorso della segregazione e su chi sia spesso il vero cattivo della situazione.

2 commenti:

  1. Ammetto di non amare opere simili, molto lontane da ciò che mi piace, ma è un bene che ci siano.

    Moz-

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    1. Visto il clima attuale sono opere necessarie per comprendere certi atteggiamenti.

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