venerdì 22 maggio 2020

Koto ovvero I giovani amanti dell'antica città imperiale di Yasunari Kawabata - Recensione -



Yasunari Kawabata è stato il primo scrittore giapponese ad essere insignito del premio nobel per la letteratura nel 1968. Nato a Osaka nel 1899 e morto probabilmente suicida a Tokyo nel 1972, amico e scopritore letterario di Mishima (secondo Wikipedia il suo tragico gesto sarebbe stato causato del rimorso provato per il suicidio dell'amico). Dallo stile cristallino e dalla cura estrema per il dettaglio, Kawabata ci parla in questo breve romanzo della storie di due donne, dallo stile di vita e livello culturale profondamente diversi, ma legate da un forte legame di sangue. Entrambe vorrebbero approfondire la reciproca conoscenza, ma la disparità sociale e la mancanza di ricordi comuni sono ostacoli troppo grandi per permettere un rapporto stabile.

Kawabata è un autore che non conoscevo, e ho preso questo volume in un mercatino dell'usato spinto dalla curiosità. L'autore si dimostra abile nel tratteggiare la storia, nel mostrare con dovizia di particolari usi e costumi di Kyoto (ma senza dare spiegazioni pesanti o logorroiche).


Un città e due donne in bilico tra passato e presente, tra un sentimento di malinconica accettazione di un passato che sta scomparendo e un futuro misterioso ma carico di aspettative. Un dilemma che si dipana sotterraneo in tutto il romanzo, ben rappresentato dalle due violette, che senza mai apparentemente conoscersi ogni anno rifioriscono nel vecchio albero di Acero in due piccole nicchie. Io personalmente ci ho visto il Giappone e le sue due anime (passato e modernità), ma anche le due protagoniste.

La trama per un lettore occidentale potrebbe sembrare un po' deboluccia ma si vede benissimo che l'autore puntava moltissimo sulle atmosfere e sul non detto. Sicuramente il sentimento che mi ha dato il romanzo è una profonda tristezza. Personalmente ho trovato difficile accettare una determinata rivelazione fatta dai genitori a Chieko (una delle sue protagoniste del romanzo), sopratutto per la normalità con cui viene posta, ma immagino che la sensibilità giapponese per certi aspetti sia diversa dalla nostra(Spoiler//Intendo il fatto che i genitori le rivelino che lei era stata abbandonata davanti alla loro casa e adotta dalla coppia come se fosse un fatterello senza importanza. Anche se inizialmente loro dico che l'hanno rapita in un parco//). 

"Koto, ovvero I giovani amanti dell'antica città imperiale" è un romanzo che intreccia l'uomo e la natura, la tradizione e la modernità, il destino di due esseri diversi eppure legati da un forte vincolo comune. Ricco di riflessioni, equilibrato ed ricco di sfumature, dove l'amara metafora della nostra incapacità di comunicare perfettamente i pensieri si annichilisce davanti al potere della natura.

4 commenti:

  1. Un autore amico di Mishima che condivide lo stesso destino? Non lo sapevo.
    Comunque, non so... anche se intrigante e pregno di quel modo tipicamente giapponese di raccontare certi tipi di storie, non dovrebbe fare al caso mio...

    Moz-

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    1. Sì, la loro profonda amicizia ha molto influenzato Kawabata.

      È uno stile che o piace o abbandoni dopo poche pagine. Purtroppo con questi autori giapponesi è così.

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  2. Ammazza che stronzi i genitori adottivi! Tra la bugia amara del rapimento e la verità alla quale non danno il giusto peso...

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    1. Vero, mi ha molto colpito come cosa. È incredibile che la protagonista non abbia subito alcun trauma dopo una rivelazione del genere. Forse in Giappone la sensibilità su questo argomento è diversa dalla nostra.

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