sabato 21 marzo 2020

La città senza cielo di Jean Malaquais - Recensione -


Jean Malaquais nacque come Wladimir Jan Pavel Malacki in Polonia nel 1908, per poi emigrare successivamente in Francia praticando i più disparati mestieri pur di riuscire a mettere qualcosa nello stomaco (il minatore e lo scaricatore per esempio) e passando il resto del tempo alla Bibliothèque Nationale per stare al caldo e per apprendere al meglio la lingua del paese che era diventato la sua nuova patria. Il suo esordio letterario avviene grazie a André Gide che riconosciuto il suo talento letterario lo incoraggiò a dedicarsi alla scrittura. I due si erano incontrati grazie a una lettera furibonda di Malaquais in reazione a un articolo di Gide su una rivista letteraria, dove l'autore si chiedeva se la sua povertà passata avesse avuto un qualche effetto sulla sua prosa, cosa che ovviamente un letterato costantemente al verde come Jean Malaquais non poteva accettare. A nulla servirono le scuse dello scrittore e una lettera con 10 franchi (che jean strappò in mille pezzi e rispedì al mittente). Nel corso della sua vita scriverà pochi romanzi (tre per la precisione), ma elaborati con cura e ricchi di metafore. Nel 1953 pubblica Le Gaffeur, pubblicato in due occasioni in Italia, la prima in versione incompleta come "Il venditore di fumo" e solo recentemente grazie all'editore Cliquot in forma completa con il nome " La città senza cielo". Un romanzo che nonostante sia stato scritto quasi settant'anni fa è oggi più attuale che mai.


"Il vero e il falso, il mito e la realtà, fanno ugualmente pendere l'ago della bilancia dalla sua parte. Tutta la sua arte si riduce a questo semplice procedimento: dimmi una frase e ti farò impiccare. E questa frase, qualunque essa sia, lei sa in anticipo che verrà detta. Lei sa che arriva sempre il momento in cui si protesta, si postula, si cavilla, si filosofa, e ci si mette nei guai"

Pierre Javelin è un tipico piazzista di cosmetici senza particolari pregi o difetti, vive in una città enorme e apparentemente infinita, dove i palazzi sono così grandi da rappresentare una piccola città nella città e oscurare il cielo. Un giorno ottiene il tanto atteso aumento di stipendio, ma quello che dovrebbe essere un lieto evento si trasforma in un incubo infernale. Infatti Javelin per un errore o per deliberata scelta non firma con il suo nome ma usa invece degli scarabocchi incomprensibili. Tornato a casa scopre che nulla è più lo stesso: nella sua casa vivono altre persone, sua moglie è scomparsa e la sua persona sembra essere stata cancellata per sempre. Javelin dovrà lottare contro la onnipresente città per portare avanti il suo diritto alla non-esistenza.

"Quando leggeva col dito sulla pagina i suoi primi racconti d'avventura quali imprese sognava di compiere? Sondare i sette mari? Fare un viaggio sulla Luna? E glielo hanno impedito, dottore? Hanno messo le mine dentro al mare e filo spinato attorno alla Luna?"

Jean Malaquais crea un romanzo molto più inquietante di 1984 di Orwell, in quanto non esiste un leader centrale o un potere politico chiaro e minaccioso. Pierre si trova a combattere una città che tutto vede ma che allo stesso tempo tutto lascia fare, dove tutto è cementificato ma nessuna stanza ha un ruolo chiaro e solido ma tutto è cangiante (nel romanzo accadrà spessissimo che il protagonista si trovi in stanze modificate per l'occasione ma che hanno ancora un vago ricordo del loro precedente uso. Come per esempio la sua vecchia casa occupata dai coniugi Bomba e Kouka), le persone vanno e vengono per qualche misteriosa destinazione ma nessuno si sofferma mai in qualche punto (come se si avesse paura che il solo fermarsi possa far riflettere sul perché proprie azioni), tutti sono colpiti da una isteria collettiva che non può trovare sfogo se non in vuote attività di facciata (arrivando al punto dell'esistenza di un ministero con il sol compito di consigliare o sconsigliare il cittadino su qualsiasi azione da intraprendere), ma che paradossalmente tutti sono contenti di sopportare pur di mantenere i loro piccoli piaceri quotidiani.

"Alla città non interessa tanto quel che si dice, quanto che non si dica niente. Ciò che le importa è il silenzio"

Qualsiasi tentativo di riprendere la propria identità è vano, senza documenti non si può ottenere nulla dalla burocrazia asfissiante della città e la richiesta di nuovi documenti è impossibile per la mancanza dei necessari documenti. Una situazione così kafkiana da risultare paradossalmente veritiera in molti aspetti e in altri così inquietante da far riflettere sulla nostra realtà (basti pensare a una scena del romanzo dove la fila dei richiedenti sembra diventare una metafora oscena sul processo di produzione di una fabbrica di alimenti).

Anche quando si trova una persona simile a noi essa sguscia via in pochi istanti. I pochi aiuti sono più preziosi dell'aria che si respira, anche se spesso non si è mai sicuri che la loro presunta bontà non sia in realtà una mossa della città per imbrigliarci in qualche modo.

Una città che come detto non ha bisogno di controllare nessuno perché sono i suoi stessi cittadini a controllarsi a vicenda tramite binocoli le proprie azioni sociali. La città limita totalmente la libertà del cittadino, blocandolo nella sua grigia esistenza, eliminando qualsiasi evento che esprima una qualsiasi forma di espressione personale, anche quella più elementare e banale. Tutto questo per rendere ogni forma di umanità: vuota, ripetitiva e senza una scintilla di novità.

"Quando uno per tutta la vita è indipendente viene bollato, ed è già contento che non gli taglino le orecchie"

Pierre Javelin non è tanto colpevole di non rispettare le regole della città, visto che anche i criminali vengono tollerati perché facenti parte del sistema statale, ma perché non accetta di vivere secondo lo status quo stabilità della città. Facendo quello che la città più teme, non tanto ribellarsi ad essa in quanto sarebbe una forma di riconoscimento del potere della medesima, ma vivendo la sua "non-esistenza" senza alcuna influenza esterna.

Il romanzo Jean Malaquais non è di certo un testo che si possa affrontare a cuor leggero, sembra esserci fin troppi elementi su cui riflettere e la trama in molti punti da l'impressione di ripetersi come un disco rotto, ma onestamente non toglierei nessuno elemento di questo fantastico romanzo. Anzi molti aspetti sono più attuali che mai. Da leggere assolutamente.




8 commenti:

  1. Più inquietante di 1984 e pure psichedelico!

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    1. Vero, almeno in 1984 c'era una sorta di nemico da combattere... ma quando è l'intero sistema e cultura da affrontare come ti approcci?

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  2. Bravo!
    Sei uno dei miei spacciatori di libri di fiducia ormai.
    Me lo sono subito segnato. :-)

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    1. Grazie. È un grande onore per il sottoscritto.

      Ti piacerà, ne sono sicuro.

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  3. Mi è capitato in sorte di amare moltissimo questi libri distopici, strani, surreali e travolgenti.
    Lo metto in lista. :)

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    1. Questo libro colpisce duro perché è molto moderno e realistico nel delineare la nostra società. Ha un sacco di riflessioni interessanti.

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  4. Insomma una lettura non proprio spensierata.

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    1. Sì, però ricca di interessanti interrogativi e riflessioni.

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