lunedì 5 novembre 2018

La vegetariana di Han Kang - Recensione -



Il titolo di cui oggi voglio parlarvi è decisamente particolare e per certi versi di difficile comprensione per la nostra mentalità occidentale, romanzo che però ho trovato veramente interessante e in cui ho trovato diversi punti di riflessione. Sopratutto una interessante esplorazione della società coreana che difficilmente si vede nei drama o nelle canzoni Kpop.

La protagonista della storia è una donna coreana mite e remissiva, da cui non ci si aspetterebbe nulla di straordinario, tanto che il suo stesso marito ammette chiaramente di averla sposata per la sua insipidezza caratteriale che gli permette di padroneggiare come ogni vero uomo coreano che si rispetti. Questo "mondo idilliaco" si spezza quando improvvisamente la donna decide di diventare vegana con profondo sconcerto del marito e della sua famiglia. I tentativi egocentrici dei parenti di far ritornare la donna sui suoi passi portano solo a un sempre più rigido isolamento della donna, tanto che alla fine la donna intraprenderà un percorso autodistruttivo pur di raggiungere lo scopo di diventare un vegetale. Nessuno riuscirà a capire il motivo di tale scelta, tranne che tutto è partito da uno strano sogno.


Il romanzo è strutturato in tre parti, ognuna vista da un punto di vista esterno di un parente diverso della donna (marito, cognato e la sorella della protagonista) ma tutti denotati dall'incapacità di comprendere i reali pensieri/sentimenti della donna ma egocentricamente interessanti a sfruttare la persona per i proprio fini o comunque ad vedere le cose solo secondo il proprio punto di vista (il marito vede la sua miope ed egocentrica esistenze messa in discussione dalla scelta alimentare della moglie; il cognato che trova nella donna un mezzo per esprimere la propria arte senza pensare alla situazione emotiva/psicologica del parente; la sorella che cerca di ricollegare la sua disastrosa situazione famigliare con la pazzia della sorella minore, ma che alla fine sarà l'unica a trovare un briciolo di comprensione e gelosia nelle sue azioni) .

Alla fine del romanzo non avremo mai modo di comprendere i reali pensieri della donna e starà a noi cercare una possibile motivazione alle azioni di questa vegetariana. Il pensiero di Yeong-hye rimarrà quindi un irrisolvibile enigma. Non capiremo mai se esso sia la silenziosa e dolorosa rivolta di una donna che si vede imposto un ruolo non suo dalla rigida società coreana che la porta a un percorso di annullamento personale nella natura, vista come unica ancora di salvezza; la lenta caduta nella follia come ritorno a uno stato più libero e scevro dalle soffocanti imposizioni/convenzioni personali e non che ci portiamo addosso; o la pesante vita di una donna vittima fin dall'infanzia di soprusi e violenze che non riesce a tenere a freno l'oscurità che sente dentro o altro ancora.

Un romanzo che gira intorno al vuoto, un vuoto che tutto attira ma non lascia nulla al lettore, un mistero che rimarrà per sempre tale. Forse anche perché un mistero alla fine neanche esiste veramente. La scrittrice usando questo poco ortodosso modo di scrivere fa in modo che sia il lettore a creare una propria visione di Yeong-hye, messo in perenne contraddizione nei tre capitoli/visioni della storia.

Altro tema interessante è la dura condizione della donna coreana nella società coreana, ancora ancorata a una visione fortemente patriarcale e maschilista, che lascia poco spazio alla libera scelta della donna di auto affermarsi (è una sincera ritrosia al mondo vegano/vegetariano).

Una continua ricerca della libertà più pura che risulta impossibile trovare nella nostra complessa umanità, visto la continua necessità di fare a patti con la società e le convenzioni sociali pagando con pezzi sempre più grandi della nostra libertà personale. Per esempio: i vincoli di matrimoniali che obbligano la donna a pulire e preparare il cibo per il marito, l'impossibilità di mostrare in pubblico il proprio corpo nudo, praticare uno stile di vita ritenuto insalubre. Arrivando al paradosso di una donna che nonostante tutti i tentativi di lasciarsi morire viene costretta a rimanere in vita dai vincoli morali dei medici.

"La vegetariana" è un romanzo che mi ha colpito molto, sia per i temi trattati sia per le possibili motivazioni. Ne consiglio vivamente la lettura.

4 commenti:

  1. Da quello che ho compreso il romanzo è una intelligente critica (sia pure sotto traccia) della società coreana, una società che non lascia alcuno spazio all'individualismo e alla protezione del singolo.

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    1. Potrebbe benissimo essere così, la società coreana è tristemente famosa per questa mentalità alienante. Recentemente ho letto che il governo ha avviato un programma per spegnere automaticamente i pc ai propri dipendenti per evitare che lavorino troppo durante il week-end.

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  2. Mamma mia, una moglie che ti diventa vegana è una tragedia! 😆
    Bella però l'idea di una donna apatica che, nonostante la sua scelta, continua a restarlo fino alla fine, lasciando la libera interpretazione al lettore.

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    1. È un romanzo veramente interessante, sopratutto perché la decisione della donna di diventare vegana ha molteplici significati, oltre ad essere una chiara denuncia della mentalità maschilista coreana.

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