mercoledì 13 aprile 2016

Race - Il colore della vittoria - Recensione -

Paese di produzione: Canada, Germania, Francia
Anno: 2016
Durata: 134 min
Genere: drammatico, biografico, sportivo
Regia: Stephen Hopkins
Sceneggiatura: Joe Shrapnel, Anna Waterhouse


Visto che in questi giorni ci sono i cinema days ne ho approfittato per vedere qualche film. Se ne avete la possibilità vi consiglio di cogliere l'occasione.


Nel 1936 a Berlino stanno per svolgersi le undicesimi olimpiadi; mentre il mondo sportivo è dilaniato dal dilemma se partecipare ai giochi organizzati da un governo dittatoriale e xenofobo, Jesse Owens, giovane corridore di colore decide di partecipare alle olimpiadi per dimostrare che lo sport può vincere anche sull'odio razziale.


L'Olympiastadion di Berlino durante lo svolgimento dei Giochi olimpici del 1936
Le olimpiadi del 36 furono un vanto per la Germania nazista, un evento che poteva finalmente dimostrare che il nuovo stato voluto da Hitler aveva riportato la nazione all'antica potenza dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale. Non si bado a spese per rendere tutto per perfetto nei minimi particolari, furono costruiti edifici imponenti e modernissimi nel giro di pochissimo tempo (basti pensare all'Olympiastadion uno dei pochi edifici nazisti ancora esistenti nella loro interezza e capace di ospitare 100.000 persone). I casi discriminazione razziale, in special modo nei confronti degli ebrei furono attenuati o annullati per dare l'impressione che la Germania fosse un paese pacifico e aperto (il film nel invece si tenta di far passare l'idea che siano stati gli americani ad aver avuto il merito di aver diminuito gli atti xenofobi durante i giochi, nella prima ma non ultima manipolazione degli eventi storici). Tra le varie gare svoltasi, passò alla storia l'incredibile impresa di Jesse Owens che riusci per la prima volta nella storia ad aggiudicarsi quattro medaglie in quattro discipline diverse (100 metri, salto in lungo, 200 metri e la staffetta 4×100) suscitando l'ammirazione dell'intero stadio (il film preferisce invece riprendere il falso storico che Hitler e il suo staf avrebbero più volte rifiutato di riconoscere le vittorie di Owens, quando invece lo stesso dittatore tedesco salutò l'atleta. Viene invece taciuto che lo stesso presidente americano Roosevelt rifiutò di vedere Owens per paura delle reazioni degli stati del sud visto l'approssimarsi delle elezioni presidenziali). Dopo il ritorno negli stati uniti la vita di Jesse Owens non migliorò, continuò ad essere costretto nonostante la celebrità fu costretto a rispettare i vincoli per i colore della pelle allora in vigore in america. Disse in un’intervista: «Dopo tutte queste storie su Hitler e il suo affronto, quando sono tornato nel mio paese non potevo ancora sedermi nella parte anteriore degli autobus ed ero costretto a salire dalla parte posteriore. Non potevo vivere dove volevo. Allora qual è la differenza?». I suoi meriti sportivi furono riconosciuti solo molti decenni più tardi.


Il film diretto da Stephen Hopkins si dimostra una godibile visione, anche se viziata da palesi errori di sceneggiatura e di regia della figura dell'atleta Jesse Owens. Il film riprende la formula sempre vincente nel cinema americano del riscatto personale attraverso lo sport. narrando le vicende di Owens dagli esordi nell'università statale dell'Ohio fino ai giochi olimpici di Berlino del 36. Sicuramente la parte più riuscita del film è quella che vede interagire Jesse Owens (interpretato dal bravissimo Stephan James) con il suo allenatore  Larry Snyder (Jason Sudeikis decisamente azzeccato per la parte), il rapporto di sincera amicizia che si instaura tra i due è ben narrato e le battute che i due si cambiano sono ottime. I due attori recitano davvero bene insieme e hanno un buon Feeling durante le riprese. Le ricostruzioni storiche sono buone, ricreando ottimamente gli ambienti e il sapore storico dell'epoca. La Cgi fa un buon lavoro, anche se guardando attentamente si posso riscontrare delle imperfezioni estetiche (sopratutto le bandiere risultano finitissime e dalla rigidità ragguardevole). Hopkins regala una regia buona senza particolari ricadute ma senza nemmeno particolari picchi. Ottima la prima metà del film (quella ambientata in america per intenderci), nella seconda parte il film diventa confusionario in più punti e molti argomenti trattati sono a malapena abbozzati o accantonati dopo averne accenti per esigenze storiche. Sopratutto le figure di Joseph Goebbels (Ministro della propaganda nazista) e Leni Riefenstahl (regista del film colossal Olympia, voluto da Hitler per glorificare l'evento per i posteri) risultano nel film pochissimo sviluppate e lasciate volutamente abbozzate, messi su pellicola solo per esigenze storiche, ma che se meglio sviluppate potevano avere interessanti sviluppi all'interno del film. Come detto sopra il film presenta diversi errori storici che solo voluti per esaltare la figura sportiva di Owens e mitigare in parte il regime di segregazione razziale vigente negli stati uniti.  

Race - Il colore della vittoria è un buon film di riscatto, sicuramente non il migliore ma nemmeno il peggiore. Se riuscirete ad chiudere gli occhi su una regia piuttosto piatta e qualche errore storico grossolano riuscirete a godervi un buon film.

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