mercoledì 10 ottobre 2018

...continuavano a chiamarlo il gatto con gli stivali (1972) - Recensione -


Titolo originale: Nagagutsu sanjûshi
Paese di produzione: Giappone
Anno: 1972
Durata: 53 min
Genere: animazione, western
Regia: Tomoharu Katsumata
Sceneggiatura: Tomoharu Katsumata, Hirokazu Fuse

Pero si sta dirigendo verso un villaggio nel west americano chiamato GoGO Town assieme a due ragazzini, Jimmy e Annie. Ovviamente i tre gatti assassini visti nel precedente film non demordono dall'inseguimento (ma questa volta come Pero hanno abbandonano le spade per delle pistole, ma l'imbranatura rimane uguale). Una volta arrivati, scoprono che la città è controllata da una banda di falsari, guidati dal diabolico Santana, che non vuole che nessuno si impicci nei loro affari e che per questo hanno ucciso il padre di Annie (che aveva scoperto i loro malaffari). Dopo un iniziale tentennamento la ragazza decide di rimanere in città e con l'aiuto di Pero e Jimmy affrontare Santana e i suoi sgherri per riportare la pace e la giustizia.


Non si sa bene come e perché Pero si trovi catapultato negli stati uniti della sua fiaba ottocentesca, ma la storia che ci viene proposta è tipicamente western. Tutti gli stilemi del genere sono presenti (una cittadina sotto scacco dei criminali, cittadini omertosi, sparatorie tra buoni e cattivi, boss dei cattivi con nomi ad effetto, lo sceriffo che riporta l'ordine ecc), perfino nelle inquadrature si nota la volontà di riprendere lo stile dei film di quel quel genere.


Il doppiaggio italiano è molto buono, sopratutto i doppiatori di Pero e Annie fanno un ottimo lavoro. Bisogna poi aggiungere questo volta, complice il fatto che il genere era molto amato anche da noi, il doppiaggio si è sbizzarrito con trovate ad effetto come l'aggiunta di nomi dai chiari rimandi ai spaghetti western (per esempio il cattivone principale che viene ribattezzato Santana o il titolo italiano del film che richiama il film "...continuavano a chiamarlo Trinità" ecc). Bellissima la sigla iniziale cantata da Sergio Tedesco (il doppiatore di Pero nel mediometraggio), tanto che sarà impossibile non canticchiarla.

"Del leggendario west, sono il potente re, io sono il gatto, il supergatto, con gli stivali ai piè!"

Il temibile Santana
Le animazioni sono buone, ma in molte scene si può notare il netto calo di qualità rispetto al film precedente, probabilmente dovuto al fatto che questo secondo capitolo è un mediometraggio e non un film vero e proprio (quindi con un budget nettamente inferiore). Sopratutto si notano diversi ricicli dei bozzetti dei personaggi principali nelle comparse (nella scena del ballo nel saloon di Annie la cosa è particolarmente evidente).

I topini indiani sono la cosa più bella del film
Un particolare che fa capire bene il fatto che questo film appartiene a una generazione ormai scomparsa (anche per la cultura Giappone, di solito più permissiva della nostra) è inusitata quantità di violenza fisica e morale presente in un film che dovrebbe essere principalmente rivolto ai bambini. Per fare un esempio la povera Annie si trova nel giro di cinque minuti a subire prima lo shock per essere stata vittima di un assalto da parte dei banditi di Santana alla diligenza in cui stava viaggiando e poi appena arrivata in città scoprire che il proprio genitore è stato ucciso senza che nessuno degli omertosi cittadini dica nulla (senza poi scordarsi che la povera zia della ragazza si becca ogni volta che vuole intervenire uno sganascione in faccia). Che dire poi di Jimmy? Che tolti a fine film i panni del sonnolento bracciante diventa un bambino sceriffo/macchina della morte che da solo fa fuori (e il film non cerca minimamente di nascondere la cosa) una ventina di sgherri più il cattivo finale (tanto che alla fine l'ho ribattezzato Jimmynetor). Certo l'intento sarebbe di rendere tutto sotto la farsa della parodia ma la violenza rimane.

I gatti assassini sono sempre uno spasso
Il problema principale di questo film è però il suo stesso protagonista Pero.  Se infatti nel film precedente il gatto era audace, arguto e pieno di risorse; qui si riduce a una macchietta pestifera, goffa e molto presuntuosa. Si capisce che i realizzatori del film non volevano rendere il protagonista troppo partecipe alle violenze (ma Jimmynetor che fa fuori a colpi di pistola mezzo paese è ok), tanto che la pistola viene presto sostituita una fionda, ma il risultato è un presunto protagonista che non fa una mazza per tutto il mediometraggio e quindi sostanzialmente inutile (tanto che i topolini indiani guidati dal loro capo Topo Seduto sono nettamente più interessanti e più partecipi ai fini della trama).

Jimmynetor 


In definitiva è un film piacevole, che cerca di rinnovare pur tra mille difetti e incongruenze il suo protagonista, senza però raggiungere qualcosa di veramente interessante. Quello che salva il film è la sua riuscita atmosfera western e dei personaggi umani tutto sommato veramente piacevoli.

Alla fine non può mancare il duello finale tra l'eroe e il cattivo

13 commenti:

  1. Si gioca anche citazioni ai nostri spaghetti western, ma si sa che tra il giappone e i western all’Italiana non è mai mancato l’amore. In ogni caso gran chicca hai scovato, non lo conoscevo affatto ;-) Cheers

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    1. È un piccolo pezzo di storia dell'animazione giapponese, ci stava una piccolo omaggio.

      Il rapporto d'affetto sarà dovuto anche dal fatto che il nostrano "Per un pugno di dollari" è una sorta di remake della pellicola "La sfida del samurai" di Akira Kurosawa.

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    2. E perchè.. Blindman con Tony Anthony che è praticamente un rifacimento in salsa spaghetti (con MOLTO sugo sopra) western del'allora sconosciuto Zatoichi, il "samurai" raddrizzatorti vagabondo e cieco?!
      Per non parlare poi delle incursione (seppur rare) del genere chambara del sol levante nel nostro italo-western come "Sole Rosso" (con l'indovinata accoppiata Bronson-Mifune), "Oggi a me domani a te..." , "3 pistole contro Cesare" e(soprattutto) "lo Straniero di Silenzio" (sempre con Tony Anthony) in cui un grezzo e rozzo cowboy un pò fessacchiotto e faccia da sberle, un pò paraculo (ma infallibile con la pistola) fa una capatina nel Giappone di fine 800 tra samurai e signorotti distopici per intascare una lauta ricompensa.

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    3. Hai ragione, molti film americani e italiani devono molto alla sconosciuta cinematografia giapponese. Ultimamente il blog Zinnefilo sta facendo un ciclo proprio su questi eroi menomati.

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  2. È vero. Sam il ragazzo del West è tutto un'apologia ai film di Sergio Leone, per dire. Ottima recensione, complimenti! (anche per il termine Jimmynetor: in effetti fa una bella strage stile Tex)

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    1. Grazie mille per il commento :)

      Una volta sapevamo fare film mitici con budget molto ridotti, venivamo perfino citati in film mitici come Ritorno al futuro.

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  3. Per anni questo film ed il suo predecessore hanno rappresentato una delle repliche estive più apprezzate della programmazione estiva delle reti libere italiane.
    Anche questo testimonia la libertà anarchica delle televisioni degli anni '70s

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    1. Era un periodo veramente anarchico nel panorama italiano, sopratutto considerando che serie come Kenshiro o Lamù erano mandate in onda senza censure o ostacoli.

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  4. Mi hai attirato solo per l'atmosfera western che elogi e perché si tratta di materiale vecchio, quello che prediligo. Dalle immagini mi sembrava uno spin off di Bun Bun.

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    1. L'irresistibile fascino della vecchia scuola :)

      P.S. Bun Bun era quello con il cane orfano che aveva come amico un cane con i baffi?

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  5. "Davanti a mia maestà, Sartana e Trinità, in ginocchio chiedon 'Pietaaaa!!!'"
    Altre citazione ai beniamini dei nostri western, sempre nell'edizione italiana della canzone.
    Comunque anche da parte degli autori giappi di questa pellicola le citazioni a film (in particolar modo pellicole "minori") dell'Italo-western non mancano certo.

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    1. Era un periodo dove gli italiani avevano ancora molto da dire cinematograficamente parlando. Logico che giapponesi e americani ne rimanessero affascinati.

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