lunedì 3 agosto 2020

S-21 La macchina di morte dei khmer rossi di Rithy Panh, Christine Chaumeau - Recensione -


Probabilmente oggi il nome Kampuchea Democratica non dice molto, ma tra 1976 e il 1979 esso rappresentò il tentativo più folle e perverso di realizzare una sorta di utopia comunista in terra, schiacciando e tentando di annullare ogni sorta di sentimento umano per creare l'essere nuovo ipotizzato dal partito. Per realizzare questo proposito l'Angkar (letteralmente "l'organizzazione" in Khmer, una organizzazione politica che ricorda moltissimo il Grande Fratello di Orwell) divise la popolazione in due grandi categorie: La vecchia gente o "popolo del 70" considerato quello più adatto per diventare l'uomo nuovo della rivoluzione perché già proveniente da zone controllate dai Khmer o facente parte della cultura contadina; e la nuova gente o "popolo del 75", formato da intellettuali (molto spesso bastava avere degli occhiali, simbolo per eccellenza della classe media, per essere inseriti in questa categoria), borghesi e monaci, considerati ormai corrotti e quindi da eliminare. S-21 fu uno dei maggiori centri di sterminio creati nella Kampuchea Democratica, con l'obbiettivo di schedare in modo maniacale ogni essere umano che entrava nella struttura, per estorcergli una confessione di colpevolezza con la tortura e poi eliminarlo. Delle diciassettemila persone imprigionate solo 7 di esse riuscirono a sopravvivere. Il materiale usato per la realizzazione del film "S-21, la machine de mort Khmère rouge" è stato ripreso da Rithy Panh per la stesura di questo interessante libro.

Il leader supremo della Kampuchea Democratica Pol Pot
L'intento di Rithy Panh è stato quello di voler riunire, venticinque anni dagli eventi, due sopravvissuti e 5 ex carcerieri e metterli e costringerli a confrontarsi. Sopratutto per capire come gli ex aguzzini, individui apparentemente comuni e senza particolari elementi di spicco, siano diventati abili e insensibili strumenti di morte per l'Angkar, perdendo progressivamente qualsiasi forma di umanità.

Il libro di Rithy Panh e Christine Chaumeau permette di avere uno spaccato del lato più mostruoso e nascosto della Cambogia del periodo.


Davvero terrificante il fatto che alla Angkar non interessava che le confessione fossero vere o realistiche, l'unico suo interesse era quello di far confessare al prigioniero una qualsiasi verità (e che possibilmente finisse per la disperazione e la stanchezza mentale per crederci lui stesso) comoda al governo. Quindi per raggiungere lo scopo erano ammessi ogni genere di tortura per far cedere il prigioniero (dall'elettroshock all'uso di pezzi di metallo roventi) . L'unica cosa che preoccupava gli aguzzini era quella di far in modo che tali torture non arrecassero la morte del soggetto prima della sua confessione, perché nessuno poteva lasciare S-21 senza aver confessato. Le torture potevano essere sia fisiche che mentali. Tutti gli accusati non venivano arrestati da soli, ma tutti gli elementi della propria famiglia venivano arrestati assieme al colpevole, perché ormai contaminati dal traditore, e quindi a loro volta da correggere o eliminare a seconda del grado di pericolosità (l'uso delle armi da fuoco per l'esecuzione era rarissimo in quanto si considerava uno spreco di proiettili e si preferivano metodi più sanguinosi come l'uso di picconi o armi improprie) . Molto spesso si finiva per essere arrestati semplicemente perché si era in una lista di complici che qualche prigioniero aveva elargito per far cessare le torture, senza sapere neanche la motivazione dell'arresto.

"S-21 svuotava l’uomo della sua sostanza, della sua umanità, per riempirlo dei tradimenti che i dirigenti khmer rossi volevano sentire. Essi riscrivevano la sua storia."

Alcuni prigionieri del campo.
I carcerieri per svolgere questo compito venivano indottrinati direttamente dal compagno Duch (nome di battaglia di Kang Kek Iew) a vedere nei prigionieri solo dei nemici del popolo da odiare, rei di voler abbattere il paradiso che il partito stava creando. Gli aguzzini venivano spinti ad essere estremamente competitivi per non deludere i quadri del partito e sopratutto per non finire a loro volta nelle grinfie della macchina della morte del partito (come accadde al precedente direttore della struttura In Lon, che fini nelle mani del suo ex sottoposto Duch). Oggi quei carcerieri hanno nascosto la verità delle loro azioni in una serie di menzogne, che servono per non guardare nell'abisso che loro stessi hanno contribuito a creare, molto spesso nascondendosi dietro a qualche paravento ("io non c'entro", "ho eseguito solo gli ordini o sarei stato eliminato" ecc. Che ricordano quanto dissero gli ex appartenenti alla Germania nazista durante il processo di Norimberga). Facendo comprendere come anche tra gli aguzzini il periodo abbia lasciato ampie ferite nelle loro anime, tanto che alcuni si rifugiano nell'alcool.

Il quadro che se ne deduce dell'Angkar è terrificante. Formata da uomini di elevata cultura, essi non si fecero remore di creare uno stato di terrore disumano pur di raggiungere in breve tempo il loro sogno di creare un mondo nuovo (ma allo stesso tempo vivevano nel lusso più sfrenato e avevano cibo e cure moderne, che però rifiutavano al loro popolo in quanto strumenti capitalistici). Pur di riuscirci abbandonarono le relazioni con la maggior parte delle potenze straniere e attuarono un ritorno forzato alla vita contadina, vista come la migliore, rieducando o eliminando tutti i soggetti che potevano essere stati contaminati dalla vecchia vita capitalista e occidentale. La moneta viene abolita, furono messi in campo programmi di resa delle culture volutamente impossibili per affamare la popolazione e ridurne il numero (in numerosi documenti si attesta la volontà mostruosa di ridurre la popolazione da 7 milioni a soli 2 milioni di abitanti). Nella loro folle visione avevano pure eliminato o stravolto molte parole del vocabolario per togliere elementi scomodi dal loro mondo. Una ideologia che vedeva anche nei sentimenti tra due persone una minaccia al proprio potere, e da abbattere al più presto. Il partito voleva essere a conoscenza di tutto, tanto di ricevere costantemente documenti da ogni parte dello stato (compreso dallo S-21, sulla cui base decideva sulla sorte dei prigionieri), ma allo stesso tempo aveva una volontà maniacale nel nascondere al proprio popolo le proprie attività (tanto che i dirigenti non venivano quasi mai espressamente nominati ma si preferiva usare il nome di battaglia o nomenclature del partito per tutto), arrivando ad uccidere chiunque ne mettesse in dubbio le capacità di creare il mondo perfetto. Per raggiungere questo folle obbiettivo ben due milioni persone sono morte e le ferite nel paese non sono mai state rimarginate.

«Quando si tortura, si ha un cuore crudele e selvaggio» ammette Khân. «Io non riflettevo. Avevo l’arroganza, il potere sul nemico, non pensavo alla sua vita. Quando alzavo il braccio, il mio cuore non lo fermava. Il mio cervello non impediva alla mano o al piede di colpire. Il cuore e la mano erano d’accordo. La tortura era così."

Per essere condannati bastava pochissimo, per esempio rompere una forchetta o mangiare insetti per la fame, la pena era sempre violenta e quasi sempre si rilevava essere la morte.

Contrariamente a quanto si pensa oggi, che vuole nei bambini una sorta di contenitore puro e sostanzialmente puro delle nostre qualità, la Kampuchea democratica usava i bambini come efficace strumento di rappresaglia e di controllo della popolazione. I bambini-soldati avevano diritto di vita e di morte sui contadini, anzi il patito spingeva i bambini ad uccidere, anche per la più piccola mancanza.I piccoli agenti del partito erano i più solerti applicatori della legge e della ideologia del partito.

Così come accaduto in parte anche da noi, per riuscire a superare il passato scomodo e doloroso, le forze politiche successive al crollo della Kampuchea hanno cercato di coprire il passato e dimenticarlo, sopratutto negli aspetti più turpi. Pol Pot e molti dei suoi compagni non hanno mai pagato per i loro crimini, anzi i molti casi gli ex appartenenti del partito vivono tranquillamente le loro vite negando qualsiasi coinvolgimento nelle stragi. Addirittura le potenze occidentali continuarono a supportare le forze di Khmer fino alla fine degli anni 80 come strumento anti-Vietnam (i Khmer rossi hanno continuato paradossalmente a sedere nel seggio della Cambogia presso le Nazioni Unite come rappresentanti ufficiali del popolo che avevano cercato di distruggere per tutto il decennio degli anni 80).

Il libro di Rithy Panh e Christine Chaumeau offre un'interessante spaccato di quel mondo folle attraverso le testimonianze delle vittime e dei loro carcerieri che vissero all'interno della struttura. È un libro che consiglio vivamente a tutti, per comprendere a che livelli di follia la mente umana possa spingersi

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