giovedì 13 maggio 2021

Tintin in Tibet - Recensione -

 

Tintin in Tibet (in originale: Tintin au Tibet ) è il ventesimo volume de "Le avventure di Tintin". La storia venne pubblicata con ritmo settimanale sulla rivista Tintin dal settembre 1958 al novembre 1959, pubblicato come libro nel 1960. Hergé la considerò la sua avventura migliore sul reporter belga (e io sono d'accordo con lui).

Tintin in tibet è una storia stupenda sulla amicizia; su quei rapporti di affetto che ne il tempo ne la lontananza non possono spezzare, un sentimento che ci porta a compiere grandi gesti di sacrificio e bontà, spesso a nostro rischio e pericolo.

Un volume che raggiunge punte di qualità tecnica e visiva eccezionali, tra i migliori della serie, basti vedere come Hergé si impegni in modo maniacale a riprodurre alla perfezione gli elementi paesaggistici e folkloristici del luogo.

Il momento della rivelazione (una delle tavole più belle e complesse di Hergé)
La trama vede il capitano Haddock, il Professor Girasole, Tintin e Milù in vacanza presso un resort nelle Alpi francesi. Durante la lettura del giornale il nostro reporter belga legge di un incidente aereo sulle montagne dell'Himalaya, in Tibet, ma inizialmente non ci fa molto caso. Una improvvisa rivelazione, di quelle che ognuno di noi prima o poi ha provato, fa intendere a Tintin che il suo amico Chang (che viaggiava proprio sul quell'areo) è gravemente ferito e gli sta chiedendo aiuto dal luogo dell'incidente. Nonostante i suoi amici cerchino di spiegarli in tutti i modi le scarse possibilità che il suo amico sia ancora vivo, il reporter convinto delle proprie idee parte per Kathmandu, da dove spera di organizzare una spedizione per ritrovare il suo compare scomparso. Ad accompagnarlo in questa avventura ci sarà l'inseparabile Milù e il capitano Haddock, che nonostante i suoi scoppi d'ira per la presunta cecità del suo compagno di avventure nel riconoscere quella che lui considera una avventura senza speranza e poi il primo ad accompagnarlo nei suoi viaggi.

Quello che mi piace tantissimo di questa storia è la forza di volontà  e purezza di spirito di Tintin, questo ragazzo che contro ogni possibile speranza parte alla ricerca dell'amico disperso anche se tutto (ragione, buon senso, gente più esperta di lui) gli è contro. Un personaggio che però si dimostra umano, visto che in molti punti della storia è sul punto di cedere, di lasciar spegnere la fievole fiamma della speranza e tornare indietro, ma poi alla fine riesce a trovare di nuovo la forza di andare avanti. In altri casi è lui stesso a mostrarsi vile, tanto che per raggiungere i suoi scopi sfrutta le debolezze altrui pur di continuare la sua avventura (come fa per esempio con il capitano usando il suo alcolismo e l'orgoglio per farlo avanzare). Uno scopo nobile che alla fine viene coronato dal successo e la scena dove Tintin e il suo amico Chang si abbracciano tra le lacrime è una delle cose più belle che abbia mai visto.

Altro personaggio interessante è il capitano Haddock. Persona facile all'ira e dagli insulti fantasiosi ma mai volgari, pieno di difetti ma vero amico fidato e sempre pronto a partire all'avventura con il suo partner nonostante consideri la sua avventura persa in partenza. Una affetto così forte che in una scena dal grande patos il capitano pur per evitare che Tintin precipiti con lui nel dirupo si dimostra pronto a sacrificare la sua stessa vita. Avremmo tutti bisogno di un amico come il capitano Haddock nella nostra vita.

Hergé si dimostra bravissimo ha illustraci in poche vignette gli stati d'animino dei vari personaggi (la fedeltà di Tharkey, la santità e la gentilezza del Gran Abate e dai monaci, ma soprattutto la tristezza dello yeti mentre vede partire via l'unico amico che abbia mai avuto).

Il vero rincontro tra Hergé (Tintin) e Zhang Chongren (Chang) 

Un altro aspetto interessante è la totale assenza di antagonisti di sorta, a parte la maestosa natura, cosa che sembra quasi suggerire che il viaggio di Tintin e dello stesso Hergé sia rivolto più al lato intimo e spirituale, un percorso di espiazione dai propri peccati (in quel periodo Hergé aveva deciso di separarsi dalla sua storica compagna per sposarsi con una donna più giovane). Allo stesso tempo il personaggio di Chang (comparso già nel volume "Il loto blu") rappresenta la speranza di Hergé nelle vesti di Tintin di rincontrare prima o poi il suo caro amico Zhang Chongren, di cui aveva perso le tracce dopo l'invasione giapponese della Cina nel 1937 (i due si riconteranno solo quasi quattro decenni dopo, nel 1981).

Un bellissimo incontro
Il lavoro di studio di Hergé per questo volume fu come al solito mastodontico, oltre alle riviste del National Geographic, l'autore coinvolse Società alpina belga e vari libri come: "Sette anni nel Tibet" di Heinrich Harrer e "Annapurna" di Maurice Herzog.

Non mancano comunque alcuni elementi comici per stemperare la storia come: le disavventure linguistiche del capitano o la sordità del professore Girasole che porta a risultati esilaranti. Anche se il pezzo più divertente di tutti è quello dove il capitano Haddock per puro orgoglio personale si lancia in testa al gruppo degli sherpa grazie alla sua carburazione a base alcolica (con dolorosi risultati finali).

In definitiva una bellissima storia sull'amicizia, con molti spunti riflessioni nascoste tra le vignette, sicuramente tra le migliori storie scritte da Hergé. Un capolavoro della scuola franco-belga.  

Il povero Yeti di nuovo da solo

 

Tintin è uno personaggi a cui sono legato maggiormente, tanto da ribattezzarlo "mon chère ami Tintin", spero di essere riuscito a darvi con questo post anche solo un briciola della stima che provo per questo personaggio. 

P.S. Schiocco dettaglio personale in una delle avventure cosplay della mia vita ho impersonato Tintin. Ottenendo diversi apprezzamenti per la verosimiglianza.

2 commenti:

  1. Molto interessante! Non sapevo di questa amicizia tra Hergé e Zhang, e apparentemente fu proprio questa amicizia che portò Hergé a scrivere storie documentate invece di inventarsi di sana pianta come fossero i luoghi dove viaggiava Tintin (vedi il Congo di una delle sue prime storie)!

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    1. Mi fa molto piacere, si tratta di una di quelle storie di amicizia che scaldano il cuore. Comunque per già da "I sigari del faraone" l'autore belga metteva più cura nelle storie e ambientazioni.

      Tintin in Congo non è di certo una delle migliori storie sul personaggio, forse complice il fatto che Herge non aveva ancora chiaro come voleva sviluppare le storie (che di fatto sembrano pagare lo scotto di un personaggio un po' discolo che usa il mondo come se fosse il suo parco giochi). Poi oggi molte scene che all'epoca erano accettate oggi sarebbero bandite (tipo Tintin che fa un safari sanguinario e addirittura fa saltare in aria un rinoceronte)

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