lunedì 11 settembre 2017

Il mistero della Sfinge Gialla e Le bare di granito di Calogero Ciancimino - recensione -


Una cosa che mi piace molto fare quando leggo un romanzo "d'annata" è quello di scoprire cosa fosse considerato d'intrattenimento ai tempi dell'uscita del romanzo, i suoi temi principali, quale forma di evasione fosse preferita dal pubblico, la tipologia di racconto e le sue paure o le convenzioni ideologiche che dominavo al tempo (in questo romanzo per esempio la popolazione orientale vista come aliena e nemica ecc). Come in una vecchia fotografia dei nostri nonni, dove l'interesse spesso si ferma non sulla figura del parente, ma su un oggetto particolare o su un vestito desueto. Leggere l'avventura del Dottor Berri, del suo amico scienziato Benson e dell'agente del servizio segreto Jacobson mi ha molto divertito. Una storia d'avventura divisa in due parti che anticipa per molti aspetti le spy story di Fleming.

"Una Londra brumosa e fredda, un medico che riceve una misteriosa telefonata la sera dell'ultimo dell'anno, un veleno che non perdona e un viaggio nelle terre dell'Estremo Oriente per fermare i piani criminali del terribile Fu-Mang-Yu e sgominare la sua diabolica setta." 


Questa è in breve la trama dei due romanzi. Una corsa contro il tempo tra Inghilterra e Cina piena di colpi di scena per fermare una volta per tutte il "pericolo giallo" rappresentato da Fu-Mang-Yu.

Calogero Ciancimino non può certo essere classificato tra i grandi della nostra letteratura, in fondo fu un onesto scrittore di romanzi d'avventura senza nessuna velleità da grande scrittore. La sua produzione fu racchiusa in un periodo molto breve, solo quattro anni, tra il 1932 e il 35, per poi concludersi bruscamente in giovane età a causa di una malattia. Il suo pregio principale fu quello di scostarsi dal salgarismo all'ora imperante . Nei due suoi romanzi riproposti dalla Cliquot, si nota la passione vorace per la tecnologia (la base segreta dove si rifugia il cattivo è un tripudio di tecnologia per gli standard degli anni 30, con sistemi di vigilanza, macigni girevoli, raggi verdi che possono bloccare i motori), per il mare, e per l'oriente che Ciancimino essendo capitano di lungo corso aveva visitato. Certo non si può non notare la forte influenza che le avventure delle avventure del diabolico dottor dottor Fu Manchu di Arthur Henry Sarsfield Ward (noto al grande pubblico come Sax Rohmer) ebbero nella stesura del romanzo di Calogero Ciancimino, basti pensare che il suo cattivo è ripreso sulle linee di quello Rohmer, ma con la piacevole aggiunta di una grossa tenaglia d'acciaio al posto della mano sinistra (cosa che lo rende curiosamente un precursore del dottor No di Fleming) e una cattiveria e intelligenza a tutta prova. Un romanzo però che grazie alla presenza dell'agente segreto Jacobson (con i suoi incredibili travestimenti, i cifrari per comunicare, gli strumenti all'avanguardia) riceve quel tocco di mistero e fascino tipicamente legato alle spy story che saranno rese famose dal personaggio di James Bond.

Certo non manco i difetti: i personaggi principali sono abbastanza stereotipati nell'agire e poco caratterizzati, e ci sono alcuni di fortuna veramente conclamati. Alcuni colpi di scena sono abbastanza prevedibili. Nulla che comunque ne danneggi la lettura.

Il pericolo giallo fu una idea del XIX secolo che vedeva il presunto pericolo che i popoli dell'Asia potessero superare i bianchi e governare il mondo, sovvertendo i valori, la cultura e il sistema di vita occidentali. Una pensiero che rifletteva gli stereotipi di razzismo, imperialismo e colonialismo dell'epoca.

Sicuramente molto interessante è la figura del cattivo, questo diabolico Fu-Mang-Yu, che con la conoscenza nefasta è riuscito a creare un siero che dopo un perdio di stasi di un anno trasforma con lo subisce in un essere totalmente devoto alla distruzione e al suo creatore. Un nemico potente perché misterioso e costantemente circondato dai propri sgherri e da diversi sosia pronti a immolarsi per lui, con l'unico obbiettivo di distruggere la razza bianca, vista come barbarica. Con tanto di base segreta inespugnabile, ricca di trabocchetti e con una piovra gigante come guardiano.

Certo letto oggi il romanzo risulta per certi aspetti viziato da visione distorta e razzista della popolazioni orientali (sopratutto nel romanzo rispetto a quelle occidentali), viste come freddi e calcolatori, incapaci di provare affetto per chi non è loro simile (spesso neanche tra di loro), rispetto al bontà e al coraggio di quelle occidentali, tanto pericolose da vederne un pericolo futuro per i bianchi, ma bisogna comunque considerare che nell'epoca in cui questo romanzo scritto erano considerazioni comuni nella popolazioni occidentali (le colonie furono create anche con il paravento dell'obbiettivo di creare migliori condizioni di vita delle popolazioni autoctone). Considerazioni da cui ancora oggi non siamo totalmente immuni, visto il razzismo che investe le popolazioni africane che sbarcano sul nostro continente.

Un romanzo piacevole e ricco di colpi di scena, sopratutto grazie a un nemico principale davvero ben congegnato e particolare nell'aspetto. Gli accenni di spy story poi lo rendono molto affascinante considerando il periodo in cui fu scritto (molti decenni prima della stesura del primo libro di James Bond). C'è qualche dovuto all'età e alla pubblicazione rivolta principalmente a un pubblico di bassa estrazione sociale, ma nulla che ne rovini il fascino finale.

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