domenica 26 marzo 2017

Ultima oasi di Alfonso Zarbo - Recensione -


Se c'è un luogo che il fantasy in generale, e sopratutto quello italiano, hanno sempre evitato è l'ambientazione in terra islamica. Forse complice il fatto che a parte le atmosfere sognanti delle mille e una notte, quasi nulla della produzione araba è conosciuta in occidente. Alfonso Zarbo con il suo romanzo tenta di sopperire a questa lacuna creando una storia che per molti versi ricorda al sottoscritto il gioco Prince of Persia.

La trama vede la Terra dilaniata e inaridita da un Sole morente, che ha prosciugato con i suoi raggi la maggior parte delle risorse naturali della Terra, causando in breve tempo la scomparsa di tutte le civiltà umane. Solo nella machiavellica e oscura città di Ultima Oasi l'umanità ha trovato l'ultimo rifugio per la sopravvivenza. Purtroppo nulla dura in eterno e l'oscurità preme ai confini del regno più minacciosa che mai. I due principi della città, dalla vita diametralmente opposta, dovranno trovare grazie all'aiuto di una ragazza misteriosa e di una tigre la forza per salvare gli ultimi uomini dalla estinzione totale.


Il libro di Zarbo ha ottime idee, una ambientazione interessante, ma purtroppo il testo ha una serie di errori di scrittura che ne minano il risultato finale.

L'autore ha spesso molta difficoltà ad usare in modo chiaro il punto di vista (o POV), costringendo molte volte alla rilettura della frase perché non si capisce bene chi sta svolgendo l'azione e causando confusione durante la lettura.

Altra difficoltà incontrata è il fatto che i capitoli del romanzo sono incentrati, sopratutto nella prima parte del romanzo, alternativamente su uno dei due protagonisti e ognuno essi è leggermente spostato in avanti nella linea temporale. Cosa che ammazza di molto la scorrevolezza, con il lettore chi si trova come una pallina da ping pong sballottato a destra e a sinistra tra i due personaggi senza avere mai un minimo di pausa per appassionarsi o perlomeno farsi coinvolgere dal protagonista di turno per comprenderne le motivazioni. Complice anche la durata davvero troppo breve degli stessi capitoli, ogni capitolo non dura mai più di 3 o 4 pagine.

I protagonisti hanno una buona caratterizzazione, anche se alla lunga si nota una certa somiglianza di fondo tra i due, ma nulla che non possa essere perdonato. Purtroppo lo stesso non si può dire dei personaggi secondari, che vittime del poco spazio disponibile per ogni capitolo, sono quasi sempre abbozzati e dalla motivazioni molto spesso lacunose, con le iterazioni con i personaggi principali che non riescono mai a rendere le sfumature dei personaggi, finendo per tralasciare aspetti si importanti ma secondari nella storia. Emblema di questo problema è il personaggio di Liria, che fin dall'inizio risulta mal concepito, quasi l'autore non avesse una chiara idea di come impostare questo tassello nel puzzle della storia. Si vede lo sforzo fatto da Zarbo per dotare al personaggio un velo di mistero, ma il risultato alla fine non premia, anzi finisce per non comprendere come mai i principi accordino una tale fiducia a una ragazza di cui non sanno nulla.

Le battaglie sono ben gestite, anche perché l'autore preferisce giustamente limitare il numero di nemici presenti e la durata dello scontro, vista la difficoltà di descrivere una enorme massa di armigeri in combattimento per un scrittore esordiente. Non assistiamo quindi per fortuna a strafalcioni clamorosi di Troisiana memoria (I famosi eserciti che si muovevano di svariate centinaia di chilometri in un giorno solo per dire una). Ci sono comunque alcuni elementi che andrebbero rivisti, come la prima battaglia del principe Arkham, dove i nemici tra un capitolo e l'altro cambiano magicamente di posizione all'interno del campo di battaglia (Lasciando perdere il fatto che il principe brucia l'elemento sorpresa per futili motivi. Durante la lettura non riuscivo a non pensare a questi poveri soldati che si nascondono sotto la sabbia per ore con il sole cocente addosso nella speranza di incontrare il nemico).

Durante la lettura si nota spesso che qualcosa manchi, come se l'autore avesse tagliuzzato la storia per farla entrare nei limiti delle duecento pagine. Lo si nota spesso come detto prima nei personaggi secondari o nelle vicende inerenti la città, dove troppo poco ci viene rilevato e molto taciuto, anche di elementi a mio giudizio interessanti della trama (come la missione dei maghi rilevata dall'aiutante progettista arrestato e mai più approfondita). Molti colpi di scena vengo rovinati proprio da questa fretta ingiustificata di andare avanti, cosa che non permette di sviluppare al meglio la trama, con personaggi principali  poco coinvolti dagli eventi che stanno accadendo intorno a loro, anche per eventi molto importanti che li coinvolgono personalmente. Si nota che la storia avrebbe la necessità di almeno un'altro centinaio di pagine per essere sviluppata pienamente. Probabilmente alcuni elementi saranno approfonditi nel prossimo libro, che il finale aperto sembra annunciare, ma rimane comunque una sensazione di fastidio per storia che poteva dare molto di più.

I due principi protagonisti mi hanno ricordato
molto il principe di Prince of Persia.
Punto forte dell'autore è la sua capacità di creare un modo vivo e realistico, ricco di colori e molto interessante da leggere. Si finisce veramente per immergersi in questa città misteriosa dagli oscuri antri e alcune trovate della trama sono molto interessanti.

In definitiva Ultima oasi di Alfonso Zarbo è una piccola gemma grezza, che avrebbe bisogno di un lavoro di buon editing. Se infatti alcuni elementi sono facilmente imputabili all'inesperienza dell'autore, molti elementi invece potevano essere risolti semplicemente dando una controllata al testo (o se è stato fatto il lavoro è veramente pessimo). Sembra quasi che il romanzo sia stato stampato cosi come inviato dall'autore, senza o quasi controlli di sorta.

4 commenti:

  1. Hai ragione.Non sono molte le opere fantasy italiane che affrontino l' ambientazione araba. Forse perché la sentono troppo" aliena", almeno suppongo.

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    1. Sono d'accordo sulla alienità dell'ambientazione araba. Forse perché ormai in libreria tira solo il simil-Tolkien/Martin? O forse perché l'Arabia ha perso molto del suo fascino per via del terrorismo.

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  2. Purtroppo il fantasy italiano ha anche buone idee ma spesso cade in fase di scrittura.
    Peccato perché l'ambientazione è affascinante.

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    1. Credo che molto dipenda dal fatto che ormai le case editrici nostrane non fanno quasi più editing in modo serio ai testi dei loro autori, al massimo giusto un controllo di sintassi e ortografia. Logico quindi che un autore novizio non abbia nessun strumento (tranne ovviamente se lo fa lui) per comprendere cosa va e cosa no nel proprio romanzo e si trovi pubblicato un romanzo dalla buona idea ma applicata male o peggio (Troisi insegna, anche se li era proprio tutto il romanzo a non funzionare).

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