lunedì 18 dicembre 2017

Scompartimento n. 6 di Rosa Liksom - recensione -


Ho sempre trovato la Russia un paese affascinante, con le sue contraddizioni e pregi. Il calore dei suoi cittadini e le loro costanti furfanterie, un paese che ha cambiato tanti tipi di regimi senza mai assaggiare mai la democrazia, una terra che riesce sempre in qualche modo ad incuriosirmi. Logico quindi che un libro che parlasse dell'unione sovietica nel  periodo poco precedente al suo tracollo non poteva rimanermi indifferente, la copertina con questo treno a vapore che attraversa una landa innevata ha finito per conquistarmi.


Siamo negli anni 80, l'impero sovietico è ormai al principio del suo collasso che lo porterà un decennio dopo a scomparire. Nel leggendario treno della Transiberiana (diretto a Ulan Bator in Mongolia) due esseri agli antipodi sono costretti a una forzata convivenza. Da una parte abbiamo una taciturna e timida studentessa finlandese (anche un po' fredda a mio giudizio) e dall'altra un proletario russo violento e irascibile, dai sogni distrutti e ormai legato alla sua passione per la Vodka, ma dotato di una passione infrenabile per la vita che gli da la forza di superare tutto (anche il suo detestato ma allo stesso tempo amatissimo mondo sovietico). Alla fine tra i due si formerà uno strano rapporto di amicizia, fatto di silenzi, gite per paesi russi ibernati in un fatalista attesa di qualcosa di sconosciuto, e degli sproloqui allucinati dall'alcool del russo in cui è difficile capire per sua stessa ammissione cosa sia vero e cosa falso.  

Parlare di questo romanzo è difficile, si nota fin da subito che l'autrice fa poco e nulla per imbastire una trama solida o funzionale, ma il suo obbiettivo è quello di parlare della Russia in quel particolare periodo storico, usando i personaggi come se fossero cineprese e la storia della transiberiana come scusa per mostrare tanti piccoli spicchi di un grande affresco tragico ma affascinante. Tanto è vero che la storia è veramente fiacca e piena di lacune mai veramente aggiustate, sopratutto per quanto riguarda la ragazza finlandese (di cui non ci viene detto neanche il nome), che osserva tutto con apatica e fredda analisi, senza mai far trasparire uno spettro di emozione. Capisco che l'intento era quello di far vedere un mondo senza filtri di sorta ma il risultato finale è veramente noioso e solo l'intervento del russo con le sue storie assurde ma dal taglio veritiero riescono a salvare la situazione.

Dall'altro lato l'autrice riesce a ricreare un affresco vivo e realistico dell'Unione Sovietica, un paese in declino ma ancora capace di lanciarsi in dispendiose e inulti campagne militari e programmi di edilizia senza senso, che nella maggior parte dei casi non si finirà mai di costruire rimanendo tristi steli di una promessa di gloria mai effettivamente raggiunta. Un paese con i suoi pregi e i suoi difetti, una terra difficile e un popolo altrettanto complesso per chi ci si affaccia dal di fuori, con i suoi casermoni in cemento scadente pieni di persone, le industrie fatiscenti, i beni di prima necessità difficili da recuperare se non si usa il baratto o il mercato nero ma allo stesso tempo così carico di speranza e ingegno.

Soldati russi impiegati nella guerra in Afghanistan
"Ci sono migliaia e migliaia di verità. Ognuno ha la sua. Quante volte ho maledetto questo paese! Eppure che cosa sarei senza la Russia? Io amo questa terra."

La cosa più bella in questo romanzo oltre la descrizione dei luoghi è come già detto lo strano rapporto di amicizia mista a sopportazione che si instaura tra la studentessa e il volgare russo. Sopratutto il russo è un personaggio veramente interessante. Un russo sciovinista, misogino, antisemita, avvezzo al carcere e ai campi di correzione, ma allo stesso tempo si dimostra altruista, gentile e divertente, anche se ogni tanto i suoi demoni interiori avranno la meglio mostrando il lato peggiore (ma alla fine si mostrerà sempre pentito del suo gesto). Alla fine questo orso iracondo e schiavo dell'alcool è l'unico personaggio di cui la ragazza possa fidarsi.

Un viaggio carico di una malinconia potente ma veramente affascinante per un mondo ormai scomparso, attraverso un popolo che vive perennemente nella "nostalgia del passato e del futuro, nell’eterno sogno cechoviano “A Mosca! A Mosca!” come dice la copertina del romanzo.

"Grazie, piccola. Le ragioni della nostra angoscia sono di due tipi: o vogliamo ma non possiamo, o possiamo ma non vogliamo"

Alla fine è stato un romanzo piacevole da leggere, ma più per le atmosfere che per la storia in se. Quindi se state cercando un romanzo con una storia interessante, personaggi complessi questa storia non fa per voi. Se invece volete rivivere quel determinato periodo storico questo romanzo fa per voi.

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