lunedì 22 maggio 2017

Stone Rider di David Hofmeyr - recensione -


"Adam Stone è cresciuto nella polverosa e arida città di Blackwater, circondata dal deserto, un luogo fuori dal mondo dove nessuno può dirsi veramente libero. Non desidera altro che fuggire da quella prigione e trovare un’esistenza di libertà e di pace. Ma c’è qualcosa che Adam rincorre ancor più della libertà: l’amore dell’affascinante Sadie Blood. In un mondo così spietato, che non concede ancore di salvezza, l’unico modo per iniziare una nuova vita è gareggiare nella Blackwater Trail, una corsa mortale e senza regole alla quale solo i più forti possono sopravvivere. Adam, eccellente pilota, decide di competere insieme a Sadie e all’ambiguo e indecifrabile Kane per assicurarsi l’ambito premio: un biglietto di sola andata per la rigogliosa Sky-Base, un luogo in cui regna la pace, pervaso da un lusso inimmaginabile per chi proviene da Blackwater. Per l’amore di Sadie e per i suoi sogni, Adam sarà disposto a rischiare ogni cosa, compresa la sua stessa vita..." Tratto dalla quarta di copertina del libro

Di solito non mi soffermo molto sugli young adult, sarà perché quando si sono affermati quando ero ormai fuori target o per che di solito le trame dei medesimi mi fanno venire l'urticaria, ma con Stone Rider di David Hofmeyr ho voluto tentare il rischio. Sarà stato per la trama abbastanza originale per il genere o per una copertina abbastanza accattivante nella sua semplicità, ma il mio sesto senso mi diceva che forse il romanzo valeva il prezzo speso (in ebook ovviamente).


Stone Rider come quasi tutti i romanzi del genere ha una storia ambientata in un mondo distopico e malato (anche se non ci viene spiegato esattamente cosa sia successo. Probabilmente una sorta di guerra nucleare) dove la figura genitoriale è scomparsa o addirittura avversa, un posto dove i ragazzi devono affrontare un mondo ostile e selvaggio con le loro sole forze. In modo simile a Hunger Games l'unico modo per uscire da questo pantano è quello di affrontare una gara mortale, dove i partecipanti devono affrontare trappole sparse lungo il percorso e l'ostilità degli avversari, che permetterà al primo arrivato di raggiungere Sky-Base (una sorta di oasi nello spazio dove l'umanità è riuscita preservare tecnologia e sanità a livelli precataclisma, ma che nasconde molti lati oscuri. Molto simile all'istituto di Fallout 4).

Punto forte del romanzo sono le moto senzienti, capaci con la loro tecnologia di assecondare il movimento del proprio centauro e attutire la caduta in caso di pericolo, con una sorta di anima formata dai ricordi dei centauri precedenti. Cosa che rende unica ogni moto e che rende quasi impossibile per chi non abbia un legame di sangue con il precedente proprietario guidarla. Le moto quindi diventano un sarta di trasfigurazione in chiave moderna del mito western del cavallo, visto come fido alleato, sempre pronto ad aiutare e difendere il proprio padrone e recalcitrante nel farsi guidare da altri.

La storia per quanto molto semplice e con colpi di scena molto telefonati ha un buon ritmo e non annoia mai, peccato per una caratterizzazione dei personaggi molto semplice e poco interessante (anche se funzionale nella storia, visto che il vuoto protagonista permette una facile e immediata immedesimazione per il giovane lettore che ci si può rivedere a grandi linee). Lo stile di scrittura è essenziale e mai esagerato nelle descrizioni (anzi potremmo dire il contrario). Anche i personaggi secondari sono piuttosto stereotipati, ma sono comunque abbastanza ben scritti da risultare simpatici e interessanti (sopratutto Kane). Purtroppo l'autore ha la pessima abitudine di far svenire il personaggio quando non sa più come sbrogliare la situazione o la cosa si fa troppo pericolosa (il classico svenimento che permette all'eroe di superare indenne la situazione come Bilbo nella battaglia dei cinque eserciti per intenderci). Solo che qui il personaggio sviene letteralmente ogni sacrosanta volta che la situazione diventa insostenibile, rendendo il tutto veramente snervante a mio giudizio, visto che ogni volta che si riprende dallo svenimento la situazione è stata già risolta da qualcun'altro e lui deve andare solo avanti.

Il finale mi ha spiazzato positivamente, anche se si nota a diversi chilometri che il tutto serve per dare la possibilità di un seguito (che in America è già uscito).

Molto carino che alla fine del romanzo ci sia una piccola e simpatica guida su come riparare le moto e usare la fionda.

Tutto sommato Stone Rider di David Hofmeyr è una romanzo che si leggiucchia con piacere e sopratutto non annoia. Alcune trovate sono interessanti e alcuni punti della storia mi sono piaciuti particolarmente, ma non aspettatevi un capolavoro. Per una lettura leggera è l'ideale.  

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