lunedì 24 luglio 2017

The Founder - recensione -


Anno 2016
Durata 115 min
Genere biografico, storico, drammatico
Regia John Lee Hancock
Sceneggiatura Robert D. Siegel
Produttore Don Handfield, Jeremy Renner, Aaron Ryder

Chi non ha mai sentito parlare di McDonald? La più grande catena di Fast Food del mondo e vero simbolo del potere economico americano? Ma dove è nato questo colosso economico? John Lee Hancock ci narra la storia del cinquantatreenne Ray Krock, un venditore ambulante di frullatori che nell'america degli anni 50 certa l'idea d'oro per sfondare. Sarà proprio durante un viaggio in California che il nostro protagonista incontrerà i fratelli McDonald (Dick e Mac) e il loro rivoluzionario sistema di produzione e vendita di cibo. Krock intuisce le potenzialità dell'idea e inizia una lunga strada che lo porterà prima ad aprire numerose filiali negli Stati Uniti e poi a prenderne il totale controllo esautorando i due fratelli e a fondare un impero miliardario.


Nella realizzazione di questo film sarebbe stato facile schierarsi contro il colosso americano, simbolo di tutto quello che c'è di negativo nel capitalismo americano (l'alienità del posto di lavoro, la velocità sfrenata e le spregiudicate operazioni commerciali), ma John Lee Hancock furbescamente evita la trappola e mostra questa storia capitalistica senza nessun filtro di sorta. Facendoci vedere il meccanismo che si cela dietro a questo grande marchio, con i suoi mantra, simboli e processi, il tutto condito di un umorismo nerissimo ma senza pregiudizi.  

Per quanto Ray Krock sia un personaggio controverso non si può non rimanere non affascinati dalla sua figura. Ray dovrebbe essere un uomo al tramonto, senza nessuna aspirazione, con una bella casa e una moglie amorevole che lo aspetta, contando i giorni  che gli mancano per arrivare finalmente alla pensione. Invece Krock è un uomo che si mette costantemente in gioco, puntando su idee e progetti a prima vista fallimentari conscio della possibile scintilla del successo. Trovata finalmente l'idea del secolo, egli fa di tutto per entrarci e successivamente ad espandere l'idea nel paese. Superando via via tutte le difficoltà che gli si parano davanti (per esempio comprende che solo i giovani imprenditori con la loro smania di successo possono far muovere nel modo giusto i ristoranti e renderli capaci di ampi profitti), anche quelle di livello economico in modo non sempre eticamente corretto (per esempio per abbattere i costi di refrigerazione elimina le celle frigorifere per adottare degli economici preparati in polvere) e inserendo gli uomini giusti nei punti nevralgici. Arrivando perfino a creare parole e simboli che verranno associati da li in poi al suo marchio come famiglia, lavoro, possibilità di successo ecc (e che lui continuerà a ripete constamene durante i suoi discorsi per farli entrare nella mente del pubblico).Superando ogni volta i vari ostacoli che i due timorosi e poco ambiziosi fratelli gli impongono. Arrivando alla fine a inglobare e farne proprio tutto l'operato dei due fratelli, che non avendo la forza mentale e la perseveranza di Krock sono costretti a cedere tutto. Ray è la rappresentazione vivente del capitalismo, con la sua forza ed tutta la sua energia che può sprigionare, ma anche con aspetti più oscuri e inquietanti. 

Michael Keaton è fantastico in questo film, riuscendo a bucare lo schermo con la sua recitazione spumeggiante. Sopratutto nella espressione facciale Keaton fa un lavoro egregio, creando un personaggio ricco di sfaccettature facciali che lo rendono molto realistico e che ci permettono di comprendere bene le sue azioni dietro la sua faccia da schiaffi. 

Una cosa che mi è piaciuta molto è il fatto che lo stesso Ray Krock si metta come un operaio comune a pulire e spazzare i pavimenti del proprio ristorante (una cosa che qui in Italia sarebbe impensabile).  Altrettanto interessante è la storia di come i due fratelli McDonald hanno messo appunto dopo numerosi fallimenti e ripensamenti un sistema di produzione del cibo che non ha nulla da invidiare a una catena di montaggio di una fabbrica, con tanto di quantità di cibo e movimenti calcolati alla perfezione (in una delle scene più belle del film si vedono i due fratelli e i loro impiegati usare un campo da tennis e gessetti per capire la posizione migliore per i macchinari e lavoratori), in una sorta di folle ballo degli Hamburger. 

Forse l'unico difetto che posso lanciare al film è quello di cercare di martirizzare troppo i due fratelli McDonald e la moglie di Krock, con il forte rischio che il trio si trasformi una macchietta poco affezionabile dal pubblico.

In definitiva è un figlio che consiglio. Un film che mostra senza agiografie o attacchi critici la nascita di un personaggio non proprio positivo, diciamo grigio, attraverso il percorso di formazione che di solito viene proposto per il buono. 

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